domenica 8 maggio 2011

Il calcio 10 anni dopo

Che poi sarebbero gli anni trascorsi dall'ultima volta che ho messo piede nello stadio della mia città, che oggi all'ultimo secondo della partita più importante della stagione ha perso la sua occasione di rivincita e di salire (squilli di tromba!) in serie D.
Certo, ha passato anni migliori e senz'altro più gloriosi, persino una recente quanto sfortunata stagione in serie B, poi come moltissime società di calcio italiane ha consociuto l'onta del falimento e delle retrocessioni o meglio dei riazzeramenti, ripartendo da serie decisamente meno importanti e più...locali.
Tuttavia non è la partita che mi ha colpito tanto (primo tempo scialbo, secondo tempo più ricco di azioni e capovolgimenti ma nel rasoterra qualitativo che è il calcio delle categorie da trafiletto in Gazzetta) quanto tutto il contesto che ho ritrovato.
Invitato da mio padre per questo "evento", ho colto l'occasione di passare un paio d'ore con lui, nel contempo reimmergendomi nell'atmosfera del calcio di provincia che ben conoscevo, quando frequentavo lo stadio distribuendo noccioline, lupini e bibite varie.
Ho ritrovato gli stessi volti, gli stessi slogan, gli stessi comportamenti fanatici di dieci anni prima come se tutto si fosse congelato, se non fosse per le capigliature diventate nel frattempo canute o trasferitesi altrove a denotare i segni del tempo. Quarantenni che giocano a fare i ventenni, ventenni che emulano i sessantenni tra un'imprecazione agli avversari e una alla terna arbitrale (e una terza la riservano ai giocatori della propria squadra). I raccattapalle adolescenti di due lustri fa intanto hanno nutrito le curve insieme a molte coetanee consentendo quel ricambio generazionale che il tifo organizzato dovrebbe insegnare ad altri ambiti del paese.
Mi incuriosiva e mi divertiva osservare tutto questo e nel metre riflettevo anche su di me e sulla mia vita, su come ero cambiato (?) in questi dieci anni, quanto e se ero diverso, se ero migliore o peggiore di allora, se avevo imboccato la strada giusta o quella sbagliata e se magari soltanto fra altri dieci anni saprò rispondermi.
Pensavo anche che la gente continuva a pensare che gli stadi sono posti dove la civiltà e l'educazione possono dimenticarsela per 90' e rotti nel portafogli (o in macchina onello serbino di casa), che si fa a gara a pensare ad alta voce e voler sembrare un protagonista saccente, pensavo che mio padre mi faceva tenerezza e che gli volevo comunque tanto bene, nel frattempo la squadra avversaria con un cross dal fondo ed un tiro dall'area piccola segnava il gol che ci condannava ai playoff.

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