mercoledì 23 marzo 2011

Revelations by a Relentless Sane Man

 
Il genere stand-up in Italia a mia  memoria l'hanno fatto solo Beppe Grillo e Daniele Luttazzi. In America al contrario è più che affermato e non è sbagliato sostenere che sia più di una scuola per i comic d'oltreoceano.
Per alcuni è una gavetta che sfocia in un meritato successo, in fama e denaro: è il caso di Richard Pryor, per esempio, o dei suoi emuli successivi, Eddie Murphy, o ai giorni nostri, Chris Rock.
Alcuni assurgono a personaggi di culto: per la sagacia delle battute, la feroce schiettezza dei giochi di parole, degli insulti al pubblico, per la gestualità imprevedibile che accompagna le loro freddure: è il caso di Geroge Carlin, recentemente scomparso, molto amato e imitato da molti comici americani (anche il cinema l'ha notato, io l'ho amato nei due Bill&Ted, e lo si può vedere anche in qualche film di Kevin Smith, tipo Dogma ma non solo), dove per ovvie ragioni la sua corrosività è limitata.
Poi ci sono le leggende. E nella stand-up comedy la leggenda si chiama Bill Hicks.


Un talento naturale che fin da giovanissimo lo ha portato ad esibirsi in pubblico con la sola forza della convinzione di essere nato pe un solo scopo: far ridere, to be a fanny man, come diceva.
Nel tempo Bill si perfeziona, diventa più acido, caustico, le sue battute sempre più fulminanti, prende di mira inizialmente gli stereotipi dell'americano del sud (hillbillies) lui texano di Houston, crescito in una famiglia di stretta osservanza battista. Poi i problemi con l'alcol, la droga, la depressione per un successo che sembra non arrivare mai, nonostante le deflagranti apparizioni in vari manifestazioni e poi i tour per tutti i locali notturni d'America.
Nessuno è profeta in patria, tuttavia, e a questa regola Bill non fa eccezione. La fama infatti la troverà in Canada e soprattutto in Inghilterra dove riempe teatri in tuto il suo tour britannico.
Se lo ricorda bene lo scrittore irlandese Garth Ennis anche in un omaggio nella vecchia serie di Preacher.

 Durante queste uscite internazionali la forza con cui Bill usa le parole per divertire compie un matrimonio perfetto con i temi che sfiorano il tabù, soprattutto se si pensa che Hicks si è trovato a fare satira durante la lunga run conservatrice dei due mandati di Reagan e la presidenza di George Bush (padre).
Bill tocca quanti più nervi scoperti possibile di un'Ameria che non riconosce più, su un potere che fa leva sulla paura (del "nemico", della crisi economica, della criminalità) per continuare a detenere il controllo su tutto e lo denuncia spiazzando con micidiali battute al fulmicotone (un po' quello che denuncerà Michael Moore in Bowling a Columbine alla sua maniera)
Poi c'è la malattia, il cancro che in pochi mesi lo porterà via e che lo rende da una parte meno propenso a calcare le scene (più per la salute che per lo stato psicologico) e dall'altra più battagliero nei confronti dello status quo, come quando intende denunciare quello che a suo modo di vedere è stata la strage di Waco e la faccenda di David  Koresh.

Oggi l'eredità di Bill Hicks è davanti a tuti e fruibile da tutti, numerosi sono gli omaggi e anche su Youtube si possono vedere gli spezzoni con i sottotitoli in italiano.



In Italia è ancora viva la polemica con Luttazzi accusato di aver copiato brani interi del repertorio di Hicks, ma sterili polemiche a parte (almeno dimostra che Luttazzi sa dove copiare), un tale personaggio è ancora fuori della portata del 99% dei comici italiani, ancorati ai tormentoni, alle parole storpiate, ai dialetti o finto-tali, a mascherarsi da idioti.
Se potete, recuperate American The Bill Hicks Story, l'ottimo documetario che ne raccnta la parabola con tanti contributi della famiglia, degli amici e colleghi più stretti e ovviamente dei suoi innumerevoli spettacoli.


 Infine una su youtube si recupera l'ultima apparizione di Bill al Leterman Show che all'epoca fu censurato.

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